Dal Blog Procidaniuse.com
(Riceviamo da Franco Cerase e volentieri pubblichiamo)
Sabato 12 /12 ho partecipato ad un incontro pubblico organizzato dai riformisti di Procida sul tema “ un Patto per Procida”. Il tema mi sembrava interessante e condivisibile. La situazione dell’isola richiede infatti la necessità di un patto tra tutti “ gli uomini di buona volontà “ per affrontare e tentare di portare soluzioni ai vari problemi che riguardano la nostra isola. I riformisti presentavano un loro programma per Procida: programma condivisibile forse perché generico, ma nel corso dell’incontro, alcune cose dette ed alcune non dette ma lasciate trapelare, mi stimolano a queste considerazioni che avrei dovuto fare in loco ma ho preferito lasciare ad un più ponderato intervento scritto che affido ad un blog isolano.
Un patto mi fa ricordare vari precedenti storici in cui forze trasversali e diverse tra loro si mettono insieme. Ma ciò si rende necessario quando una collettività si trova in una condizione di emergenza. Emergenza determinata da contingenze esterne, un terremoto, un cataclisma, un qualsiasi evento esterno alle responsabilità della collettività stessa. Niente di tutto questo riguarda la situazione isolana : i problemi della nostra isola sono tutti conseguenza di comportamenti che hanno caratterizzato le nostre precedenti scelte o non scelte. L’emergenza quindi scaturisce da un fallimento, e per me il fallimento è evidente. Negli ultimi cinquanta anni infatti, molte scelte e principalmente le non scelte hanno determinato nel tempo la situazione di emergenza riscontrabile oggi.
Due esempi a mio giudizio possono valere per tutti in quanto in modo inequivocabile evidenziano, per scelte errate o non fatte, il fallimento delle amministrazioni che si sono avvicendate alla guida del paese negli ultimi cinquanta anni: l’assetto del territorio ed il traffico veicolare.
Negli anni sessanta la legislazione nazionale imponeva all’isola di dotarsi di un piano regolatore generale e in considerazione delle peculiarità dell’isola, di un piano paesistico: entrambi gli strumenti la classe dirigente di allora decisamente rifiutava non accettando le necessarie scelte che la pianificazione richiedeva. Ne conseguiva l’imposizione di un commissario esterno per la stesura del piano regolatore e un piano paesistico voluto dal ministero dei beni culturali. Entrambi gli strumenti avrebbero dovuto essere redatti dagli organismi istituzionali dell’isola con le modalità previste di partecipazione democratica di cittadini ed associazioni. Ma ciò prevedeva il dover operare delle scelte che si preferiva invece non fare. I piani redatti dall’esterno sono stati considerati imposti e quindi mai accettati, inadeguati in quanto non prevedevano le effettive esigenze di sviluppo del territorio. La risposta a questo stato di cosa è stato l’abusivismo incontrollato con la distruzione del territorio, il degrado dei rapporti sociali, gravi problemi dovuti alla inadeguatezza delle infrastrutture non proporzionate ad una diffusione edificatoria senza alcun controllo. E’ fuori dubbio infatti che il territorio risulta oggi dilaniato da costruzioni sparate a mitraglia sull’esiguo spazio dell’isola, sono aumentate tensioni e liti tra vicini per l’assenza di regole nell’edificazione, sono diventate problematiche alcune funzioni infrastrutturali di natura collettiva dalla distribuzione della posta e raccolta dei rifiuti, al funzionamento della rete fognaria e della mobilità individuale e collettiva. Ultimo aspetto delle conseguenze nefaste di queste mancate scelte è stato negli ultimi giorni il dramma di quei cittadini che si sono visti abbattere le proprie abitazioni.
Il secondo esempio di fallimento è costituito dal traffico veicolare. Doveva essere del tutto evidente che il territorio isolano non avrebbe potuto tollerare la situazione di traffico che affidava la mobilità cittadina al mezzo motorizzato individuale. Lo sviluppo di una motorizzazione privata oltre che impossibile doveva essere considerata inutile nella situazione particolare di una piccola isola di scarsi 4 Kmq. Invece si è puntato sbagliando in questa direzione cercando la realizzazione di circuiti automobilistici assurdi con la conseguenza di aborti di strade senza ne testa ne coda ( via de Gasperi ad esempio che inizia con una strettoia e termina allo stesso modo) che hanno favorito solo la distruzione di angoli paesistici di valore notevole e lo sviluppo di un inutile e dannosa giostra che chiamiamo traffico.
Ebbene nel corso del dibattito non è emerso niente di tutto questo. Anzi sono emerse in parte in modo evidente talvolta invece in maniera latente posizioni di perseveranza in queste errate direzioni ed addirittura più preoccupanti.
E’ emerso infatti che sarebbe abusiva la pianificazione e non le sue violazioni. Si è messo in evidenza solo la carenza degli strumenti urbanistici e non la condizione in cui gli stessi sono stati partoriti. Senza un minimo di ammissione delle responsabilità dei dirigenti locali nella realizzazione di uno stato di tensione tra le istanze della cittadinanza e gli organi tutori sovra territoriali indispensabili se non si vuole considerare l’isola una specie di repubblica indipendente, mentre a Copenaghen si discute di come siamo su un’unica barca costituita dal pianeta Terra. Addirittura il vice sindaco Muro , vero alter ego delle ultime amministrazioni, ribadiva la posizione della sua maggioranza di voler perseguire la strada del rilascio delle concessioni edilizie ex condono senza il parere della sovrintendenza, anzi poneva questa condizione come punto indiscutibile di eventuali patti a farsi. Dal 1984 ad oggi migliaia di pratiche giacciono negli uffici comunali in attesa di una definizione della relative istanza di condono. L’isola è soggetta al piano paesistico per cui le concessioni edilizie devono essere vagliate dalla sovrintendenza di Napoli e questa ha concordato un protocollo di intesa con il comune di Procida. Nonostante questo protocollo sia molto possibilista i responsabili del paese continuano a perseguire strade da repubblica indipendente che danneggiano il cittadino o lo lasciano in un limbo indefinito in cui c’è tutto da perdere. Le concessione rilasciate secondo le modalità messe a punto dal comune e senza il parere della sovrintendenza sono state considerate nulle dai magistrati che le hanno esaminate. Senza entrare nel merito della questione di legittimità degli atti, ed anche volendo ammettere eventuali errori di valutazioni di quei magistrati che considerano nulle le concessioni in oggetto, non è assolutamente comprensibile il voler perseguire inutilmente una strada da repubblica indipendente con il retaggio degli errori già effettuati in passato e sapendo per certo che si danneggiano i cittadini. E’ una posizione questa del tutto analoga a quella delle passate amministrazioni democristiane
In questo modo è difficile che si possano fare patti.
Ma c’è di più. Nel corso del dibattito l’ingegnere Rosato ha manifestato la necessità che un eventuale patto partisse da un rigoroso accordo sul rispetto delle regole e sulla trasparenza degli atti amministrativi, ipotizzando un accordo in cui la parte vincitrice delle prossime elezioni amministrative e quindi governate, si impegnasse ad assegnare alla parte perdente, quindi opposizione, le cariche di controllo e garanzia. Ricordava a tale scopo un episodio in cui lui, all’epoca presidente della commissione trasparenze aveva stigmatizzato evidenziandolo un mancato rispetto del regolamento comunale e come l’allora sindaco Muro facesse votare al consiglio comunale una modifica al regolamento stesso in modo da annullare la mancanza riscontrata, e inducendo quindi l’ing. Rosato alle dimissioni. Nella replica l’attuale vice sindaco Muro non solo non negava l’episodio ma addirittura ribaltava l’accusa ritenendo il Rosato non rispettoso ( dimettendosi ) delle regole ( cambiate fresche ed a posteriori dal consiglio comunale) ed accusandolo di aver rinunciato alla lotta politica con le sue dimissioni. Questa cosa mi sembra una enormità e sto cercando di svegliarmi da ciò che considero un brutto sogno. E’ come se quattro persone si mettessero ad un tavolo da gioco per una partita di tressette ad esempio ed al termine della stessa una delle parti pretendesse di contare i punti con il criterio della briscola. E l’assurdo è che si accusa la parte che civilmente abbandona quel tavolo da gioco in cui chiaramente si bara , di vigliaccheria. Non posso credere che nella mia collettività si verifichino enormità di questo genere: ditemi che non è vero.
Inoltre veniva, sia da Muro che da altri, ribadita la necessità di dover interpretare le regole perché diversamente non si può amministrare. Si può concordare su ciò, ma l’interpretazione deve essere univoca e uniformemente applicata. In tal modo anche l’interpretazione diventa regola da rispettare, ma questo non lo si evidenziava. Si lascia invece indefinita la questione affinchè l’interpretazione diventi arbitraria , e quindi lasci ampio spazio a ………..ed operazioni di convenienza.
Su altre questioni potrei ancora aggiungere qualche cosa ma non voglio dilungarmi in modo tedioso per chi mi legge; eventualmente lo farò in altre circostanze.
In conclusione , concordo sulla necessità di costruire un patto per il futuro dell’isola, e ritengo essenziale coinvolgere le giovani generazioni. Ma questo patto è necessario per la situazione di emergenza che è conseguenza di scelte sbagliate. Non ho dubbio che questi errori siano stati effettuati in buona fede e che certe posizioni, che reputo discutibili, lo siano tutt’ora, ma,, senza discutere le persone, il modo di fare deve radicalmente cambiare.
Su aspetti pratici quali ad esempio cosa fare di Terra murata di cui si è accennato con posizioni differenziate ci si può facilmente intendere ed eventualmente integrare o mediare le diverse posizioni, ma sui principi di base non si può derogare. Se si gioca a tresette le relative regole devono valere fino al termine del gioco e non cambiarle secondo convenienza nel corso o al termine della partita.
Con affetto
f.c..