PROCIDA – C’è un raggio di sole nella oramai monotona narrazione sulla scuola di questi mesi: la protesta gentile dei ragazzi e delle ragazze, anche dell’Istituto Superiore “Caracciolo – Da Procida”, che vogliono studiare e lo vogliono fare a scuola, e che hanno aderito, lo scorso 11 gennaio, all’iniziativa promossa dalla Rete degli studenti scendendo in Piazza, dove possibile, oppure lasciando vuote le “aule virtuali” della didattica a distanza.
“Scioperiamo perché vogliamo tornare in una scuola in presenza e la vogliamo ora e in sicurezza: vogliamo essere messi nelle condizioni di tornare nelle nostre aule, fra i nostri banchi, con i nostri compagni e le nostre compagne. Abbiamo bisogno di un piano che risolva le enormi problematiche causate da decenni di tagli e di disinvestimenti.” Questo è quanto riporta la nota della Rete degli studenti circa le motivazioni dello sciopero e aggiungono: “Vogliamo una scuola sicura e vivibile, vogliamo un sistema di trasporti funzionante con degli investimenti mirati che possano seriamente sopperire alle mancanze di tutti questi anni, vogliamo un sistema di tracciamenti efficace e vogliamo che si investa per potenziare le pessime connessioni delle scuole. Poco o niente è stato fatto per garantirci i nostri diritti, per garantirci un rientro in presenza sicuro”. E concludono: “Non possiamo più permetterci che si parli del destino degli studenti senza i diretti interessati. Ci priviamo un giorno della scuola per non esserne privati mai più”.
Sull’iniziativa arriva il sostegno anche di Pino Turi, segretario generale della Uil Scuola, che dice: «Ragazzi che nella scuola credono, e vivono la loro esperienza di cittadini di questo paese, finalmente entrano in campo per rivendicare il loro diritto al futuro. Vuole dire che la scuola c’è, è ancora viva, e sulle ragioni della mobilitazione dei nostri ragazzi si può uscire dall’emergenza.
Gli studenti chiedono una scuola e non un surrogato di essa, chiedono diritti e vantano la legittima pretesa di entrare nel mondo degli adulti con una formazione che va oltre la conoscenza, va nel senso della cittadinanza responsabile.
Una nuova generazione che chiede – sottolinea Turi – deve avere risposte all’altezza della situazione. Non possiamo cavarcela con il consunto gioco del cerino di chi ha responsabilità. Li vogliamo trasformare in tifosi o cittadini? Servono risposte non opinioni di quanti vorrebbero a vario titolo rappresentarli. Se ogni gruppo sociale – perché no, osserva Turi, ogni lobby – che parla di scuola pensando ai propri modelli sociali ed economici, ascoltasse, almeno una volta questi ragazzi che come tutti i giovani di ogni epoca parlano di solidarietà, di amicizia, valori ormai dimenticati dalla politica, forse quel raggio di sole potrebbe illuminare questa nostra società che dovrebbe riflettere ed ascoltare. In attesa delle decisioni di governo, godiamoci questa bella notizia, i ragazzi a cui va il nostro incoraggiamento ci sono».
La scuola per me, quando nel lontano sessanta l’ho frequentata da allieva, ha rappresentato un punto solido e stabile della mia emancipazione . Ogni esperienza vissuta anche dolorosamente ( penso alle giornate infinite trascorse nel cosi detto ” laboratorio ”
sorta di freddo camerone per esercitazioni indiscriminate di tecnica pittorica ) mi rammenta conquiste ed obbiettivi che, alla mia verde età di allora, risultavano sostanziali e gratificanti per la mia autostima di timida ma creativa preadolescente .
In casa c’erano scarse possibilità di evolversi in tal senso e la scuola, con le sue inevitabili limitazioni curriculari, era l’unico appoggio sicuro e raccomandato a chi voleva orientare i propri figli ad una futura, anche se limitata, carriera di lavoro .
Discriminazione ne era poca, bullismo… ancora sul nascere.. mezzi scarsi ma adoperati al meglio di come potere…
In confronto ad una esistenza oscura ed individualizzata, tra le mie modeste quattro mura, essa rappresentava la fuga necessaria ad ogni grigiore, una sorta di valvola di scarico per qualsiasi cruccio potesse adombrare la mia verde esistenza .
La didattica a distanza ” non può efficacemente sostituire tali apporti ” che nella vita di un fanciullo sono essenziali alla propria sopravvivenza !