di Nicola Silenti da Destra.it
Un Paese e la sua classe politica in preda a un’angosciante deriva centrista. I miserrimi giorni di gloria del governo Gentiloni sobbalzano ogni giorno di più sul palcoscenico televisivo come una serie interminabile di sonori schiaffoni assestati con precisione diabolica dalle mani del potere sulla faccia degli italiani. Un popolo, quello italiano, condannato dalle logiche di Palazzo ad assistere impotente all’azione insulsa e incolore di un governo nato al solo fine di garantire la conclusione naturale della legislatura, a dispetto del voto, dei problemi reali e del malessere di un popolo giunto da tempo allo stremo delle forze. Un governo che si segnala come presagio e come emblema dell’eterno ritorno dell’uguale, nello spirito della teoria nietzschiana applicata alle perversioni della politica di casa nostra: un “uguale” con cui il potere che conta in Italia si propone di chiudere la parentesi accidentale della seconda repubblica per suggellare la resurrezione di una nuova melassa centrista. Una marmellata indistinta e insapore che, a dispetto di nuovi partiti, nuove sigle e nuovi simboli, altro non è che la riproposizione della vecchia logica DC: quella di un ceto politico che vuole sopravvivere a tutti i costi e a qualsiasi prezzo in barba a tutto e tutti.
Così, mentre un governo di facciata occupa abilmente la scena con un presunto buonsenso che sa tanto di gioco delle tre carte, nel dietro le quinte Renzi e il suo clan di fedelissimi si sedimentano nel potere procedendo indisturbati con le nomine nei posti chiave dell’apparato statale, marchiando con l’effigie del leader fiorentino istituzioni, industrie di Stato e aziende partecipate: tutte a guida di stretta osservanza renziana. Una strategia che è il preludio di una spietata campagna di restaurazione, con l’obiettivo di riportare quanto prima in sella l’ex presidente del Consiglio, quanto mai agguerrito nell’ansia di un ritorno sullo scranno di Palazzo Chigi.
Ma gli aneliti renziani e le grandi manovre del suo blocco di potere si scontrano con la volontà del popolo italiano, che sembra di ben altro avviso. Un popolo tenuto sotto osservazione da analisti, sociologi e sondaggisti vari, le cui rilevazioni demoscopiche concordano all’unanimità sul balzo in avanti compiuto dal Movimento 5 Stelle, che avrebbe superato in modo netto il Partito Democratico nel ruolo di primo partito italiano. Sondaggi come quello di Scenari Politici per l’Huffington Post, che sembrano spiegare l’erosione dei consensi del PD con le avvisaglie dalemiane di scissione e lo stillicidio di retroscena e rivelazioni sul caso Consip: un’indagine che sembra avere sinora molto più che lambito il cerchio magico del potere di Matteo Renzi, con il coinvolgimento con l’accusa di rivelazione di segreto e favoreggiamento per il ministro dello Sport Luca Lotti, e con l’accusa di traffico di influenze per il padre dell’ex presidente del Consiglio.
E’ palese tuttavia che il 26,5 per cento dei consensi assegnati dalle previsioni al Movimento 5 Stelle non rappresentino un gruzzolo di voti di per sé sufficienti a governare il Paese, e a maggior ragione con una legge elettorale di segno proporzionale. Questo forse spiega l’insofferenza e l’iperattivismo di queste settimane di Renzi, forse anche nella consapevole certezza che il prossimo governo non sarà il frutto di una maggioranza qualificata quanto semmai un ennesimo governo di larghe intese. Un governo da decidere, da influenzare, da condizionare con una maggioranza relativa di marca PD che sia nei numeri la più ampia possibile, nell’intento di “pesare” di più. Un proposito sin d’ora così evidente che, c’è da scommetterci, presto tornerà a inflazionare il linguaggio della politica con la parola “responsabilità”.