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Il 29 aprile 1991 partiva per il viaggio verso la beatitudine una figura semplice e sublime di sacerdote, Libero Lubrano Lavadera. Abbiamo avuto il privilegio di vivere con lui, in quanto fratello della nostra adorata mamma, per cui ha costituito il valore aggiunto nell’indirizzare, guidare la nostra, spesso oscillante, esistenza. Il candore, l’innocenza, la fraternità samaritana, il fervente pathos verso il messaggio del Nazareno, l’acuta e profonda intelligenza, accompagnata da un’immensa cultura, gli hanno consentito di possedere la preziosità della profezia che permette di procedere sempre un passo prima degli altri. Per comprendere la sua grandezza, ce la facciamo spiegare dalle parole estratte dal suo testo ‘In margine ad una pedagogia di servizio’.
“La libertà è propria ragion d’essere, è promozione del proprio bene, è un disporsi alla liberazione di sé stesso, dei propri istinti per portarsi alla ragione serena. La quale diventa il dialogo rassicurante e progressivo del bene da operare. Volendo far caso all’ambivalenza di bene e male, non possiamo trascurare il principio che l’educazione è, fondamentalmente, il dialogo profondo con sé stesso che si cerca con amore e il cui appello è l’aiuto scambievole. Pertanto il promotore della sana educazione si pone sul piano dell’autoscoperta di sé stesso, per mettere a sua volta gli altri nello stesso aspetto di realtà autopromotrice. Se voglio il bene di me stesso e tendo a liberare me stesso dalle condizioni inadeguate al mio volere, d’altra parte devo porre gli altri nella medesima condizione di divenire quello che ciascuno è veramente.”
Dopo trent’anni ce lo immaginiamo trasmettere per strada, con una disarmante spontaneità, tale nobile maieutica, a qualsiasi compagno di viaggio che incontra.
Ecco che nella realtà odierna, così impaurita e frastornata, manca il dono di incrociarsi con la soavità geniale di Zio Libero.
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È stato un bravissimo insegnante di religione, un giorno ci fece lezione commentando le canzoni di Celentano, parlo di quasi cinquanta anni fa...ci regalava i suoi scritti, coltissimo e umilissimo