Al momento dici Brasile e pensi al prossimo campionato mondiale di calcio o alle prossime olimpiadi. Guardi al Brasile e risplendono progressi spettacolari nel campo della macro economia, brilla la maturazione definitiva della democrazia con l’avvento del presidente Dilma Roussef, prima donna eletta a capo del gigante sudamericano. Tu cerchi di ridimensionare l’euforia del ” tudo bem”(tutto bene), ma ti danno subito dello sfascista, dello iettatore. Un intruso, corvo del malaugurio. Provi a mantenere vivo l’interesse solidale verso milioni di brasiliani che, non avendo il biglietto per la prima classe, hanno perso lo sfavillante treno verde oro e niente, ti dicono che adesso i poveracci siamo noi. Ci tocca rincorrere. Allora viri deciso sulla ineludibile attualità dei diritti violati dell’infanzia o sulla violenza urbana imposta dai narcotrafficanti, e subito riecheggia il coro degli insabbiatori a bollarti come profittatore di tragedie altrui. Quindi provo a farmene una ragione, magari mi convinco a chiudere baracca e a dirottare la mia ossessione filantropica su altre coordinate. Ma poi irrompe il reale a strapparti dalla testa tentazioni di desistenza, lo fa in maniera semplice e diretta. Implacabile realtà. Così scopro che non erano fantasmi le centinaia di ragazzi e ragazze che avevo visto aggirarsi sotto i ponti di Rio de Janeiro strafatti di crack: esistono eccome! Anzi, per dirla tutta vanno a irrobustire il poco invidiabile primato mondiale del Brasile nel mercato e nel consumo di crack secondo una recente ricerca dell’INPAD (Istituto Nazionale di Ricerca sull’abuso di Alcol e Droghe – fonte ” Jornal do Brasil”, 5 settembre 2012). Lo stesso istituto ha reso noto altri dati agghiaccianti: il Brasile rappresenta il 20% del consumo mondiale di crack e il 4% della popolazione inclusa nella fascia 14-18 anni usa regolarmente cocaina. Di fronte a questi dati, ci voleva un tocco di surrealismo ed e ciò che ha realizzato la Polizia Federale con un cartello affisso in vari posti di blocco in cui si poteva leggere a chiare lettere quanto segue: PASSAGGIO LIBERO PER IL TRAFFICO DI DROGA E ARMI (foto e notizia nella prima pagina de “O Dia”, settembre 2012). Certo, i federali avevano da tempo dichiarato lo stato di agitazione, ma i narcotrafficanti un regalo così non se lo aspettavano affatto tenendo conto poi che loro, i commerciati di morte, non scioperano mai. Provo a sottrarmi dal mio pessimismo tropicale e dall’avvilente quadro politico nostrano tuffandomi nel clima elettorale che attraversa il paese da cima fondo. Ti aspetteresti una gioiosa dimostrazione di politica matura e civile, una festa popolare di partecipazione democratica a ritmo samba e forrò. Invece scopri che l’espressione ” battaglia politica fino all’ultimo sangue ” non è soltanto un modo di dire. In un confronto senza esclusioni di colpi (di pistola), nei primi mesi di campagna elettorale per le amministrative, si sono già registrati 22 candidati ammazzati su mandato del rivale diretto di collegio. Il numero di politici assassinati in queste elezioni è già superiore del 22% rispetto allo stesso periodo delle amministrative del 2010( fonte ” O Globo”, 3 settembre 2012). Molti comuni(finora sono 410) hanno chiesto l’intervento dell’esercito ma, considerato che si vota a ottobre, il ricorso alle urne blindate potrebbe rivelarsi inutile: a quel punto basterebbe proclamare vincitori i sopravvissuti. Piccole miserie, fenomeni circoscritti, per così dire. Bene, miriamo in alto, alla donna tra le prime tre più influenti del pianeta secondo ” Forbes”(edizione di settembre 2012), a Dilma, emanazione diretta del divino Lula. Il suo governo gode di una percentuale di approvazione record figlio legittimo com’è del regno incontrastato del suo padre-predecessore Inacio Lula da Silva. Oh Gloria! Eppure. Eppure anche in questo caso i giornali ti guastano la contemplazione riportando con inopportuna enfasi le prime sentenze di condanna del MENSALAO, il più grande, sofisticato ed efficiente schema di corruzione politica che il Brasile abbia mai visto. Quando ne scrissi in
“ Etica zero”( Cartoline dal Brasile, gennaio 2006) pagai la mia insolenza con perdita di varie amicizie, anime belle che vedevano nel presidente operaio il totem senza macchia di una certa area politica.
E invece buona parte della macchina politica che aveva eletto e sostenuto il primo governo Lula, rischia di passare i prossimi anni in galera; lo stesso presidente operaio, fin a ora neanche sfiorato dal sospetto che potesse sapere, comincia a essere tirato in ballo visto che lo schema del MENSALAO era funzionale all’approvazione in tempi rapidi e senza intoppi di tutti i progetti strategici per la sopravvivenza del suo governo. Ora, se anche l’icona-Lula comincia a esibire crepe, cosa mi rimane per sostenere senza riserve il partito dell’ oba-oba e del tudo bem? Inaspettatamente, mi soccorre una giornalista italiana di cui ometto nome e testata per la quale lavora. In una sua recente visita nella favela del Complexo do Alemao a Rio, la suddetta si sperticò in elogi al nuovo corso brasiliano dall’alto di una inutile quanto costosissima teleferica che sovrasta le casupole ammassate. Cioè lei si era bevuta la mistificazione degli amministratori locali secondo la quale i problemi connessi al traffico di droga e armi nelle favelas, si risolve letteralmente passandoci sopra, guardandoli con distacco da una cabina sospesa nell’aria. Geniale, romantico persino! Perché non ci avevo pensato prima? Ci affanniamo a trovare risposte ragionevoli alla povertà, all’esclusione sociale, alla violenza quando basta prendere una funicolare, farsi contagiare dal pensiero positivo e intonare l’internazionale inno al distacco: “ Jammo, jammo, ‘ncoppa jammo ja’, funiulì…funicolao”