cultura

Bac….quasi procidano

PROCIDA – L’isola di Procida diventa argomento d’esame per “Le Baccalauréat” o Bac che è titolo di studio che conseguono gli alunni francesi alla fine della scuola secondaria. Le prove previste per ottenere il titolo si svolgono in due momenti: verso la fine del penultimo anno di studio e alla fine della classe terminale. Gli alunni francesi della Métropole, Mayotte, Antille e Guyane, che tra gli insegnamenti facoltativi hanno scelto la lingua italiana, come prova del penultimo anno, si sono trovati di fronte due tracce. Una sicuramente suggestiva: “L’art du contraste” all’interno del percorso di studi dedicato a “Identité et identités” e riguarda proprio l’isola di Arturo. Questi i documenti forniti agli studenti:

Consegna: in base ai tuoi studi e alle tue conoscenze, fai la sintesi dei documenti proposti trattando i punti seguenti (500 parole circa).

– Mostra come si articola il rapporto tra insularità e mondo esterno nei tre documenti.

– A partire dai tre documenti, mostra come il sentimento di appartenenza al territorio influisce sulla vita degli abitanti.

“«Procida è l’isola che non isola, laboratorio culturale di felicità sociale» con questo slogan e il

suo innovativo progetto Procida si è aggiudicata il titolo di capitale italiana della cultura per l’anno

2022 (Procida2022.com).

“Le isole del nostro arcipelago, laggiù, sul mare napoletano, sono tutte belle.

Le loro terre sono per grande parte di origine vulcanica; e, specialmente in vicinanza degli antichi crateri, vi nascono migliaia di fiori spontanei, di cui non rividi mai piú i simili sul continente.

In primavera, le colline si coprono di ginestre: riconosci il loro odore selvatico e carezzevole, appena ti avvicini ai nostri porti, viaggiando sul mare nel mese di giugno.

Su per le colline verso la campagna, la mia isola ha straducce solitarie chiuse fra muri antichi, oltre i quali si stendono frutteti e vigneti che sembrano giardini imperiali. Ha varie spiagge dalla sabbia chiara e delicata, e altre rive piú piccole, coperte di ciottoli e conchiglie, e nascoste fra grandi scogliere. Fra quelle rocce torreggianti, che sovrastano l’acqua, fanno il nido i gabbiani e le tortore selvatiche, di cui, specialmente al mattino presto, s’odono le voci, ora lamentose, ora allegre. Là, nei giorni quieti, il mare è tenero e fresco, e si posa sulla riva, come una rugiada. Ah, io non chiederei d’essere un gabbiano, né un delfino; mi accontenterei d’essere uno scòrfano, ch’è il pesce piú brutto del mare, pur di ritrovarmi laggiù, a scherzare in quell’acqua. […]

Nel nostro porto non attraccano quasi mai quelle imbarcazioni eleganti, da sport o da crociera, che popolano sempre in gran numero gli altri porti dell’arcipelago; vi vedrai delle chiatte o dei barconi mercantili, oltre alle barche da pesca degli isolani. Il piazzale del porto, in molte ore del giorno, appare quasi deserto; sulla sinistra, presso la statua di Cristo pescatore, una sola carrozzella da nolo aspetta l’arrivo del piroscafo di linea, che si ferma da noi pochi minuti, e sbarca in tutto tre o quattro passeggeri, per lo più gente dell’isola. Mai, neppure nella buona stagione, le nostre spiagge solitarie conoscono il chiasso dei bagnati che, da Napoli e da tutte le città, e da tutte le parti del mondo, vanno ad affollare le altre spiagge dei dintorni. E se per caso uno straniero scende a Procida, si meraviglia di non trovarvi quella vita promiscua e allegra, feste e conversazioni per le strade, e canti, e suoni di chitarra e mandolini, per cui la regione di Napoli è conosciuta su tutta la terra. I Procidani sono scontrosi, taciturni. Le porte sono tutte chiuse, pochi si affacciano alle finestre, ogni famiglia vive fra le sue quattro mura, senza mescolarsi alle altre famiglie. L’amicizia, da noi, non piace. E l’arrivo d’un forestiero non desta curiosità, ma piuttosto diffidenza. Se esso fa delle domande, gli rispondono di malavoglia; perché la gente, nella mia isola, non ama essere spiata nella propria segretezza. (Elsa Morante, L’isola di Arturo, 1975)”.

“Chissà – si chiede Clotilde Sarnico prof.ssa di Lettere ed Esabac – come avranno analizzato i documenti forniti ed elaborato il proprio testo, gli alunni francesi della madrepatria o lì nel canale del Mozambico, ai Caraibi o nell’America meridionale. A tutti loro merde! (In bocca al lupo!) per il superamento del bac e per le scelte future”.

Guglielmo Taliercio

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