Ad un anno dalla scomparsa del Prof. Michele Romano. A papà. Grazie.

Avete mai guardato l’orizzonte? A noi capita spesso, complice anche il fatto che nostro padre ce ne parlava spesso. Diceva: ci sono due modi per affrontare l’orizzonte, in maniera implosiva e in maniera esplosiva. Un occhio curioso lo guarda sempre in maniera attiva, voglioso di sapere quello che si nasconde al di là di quella linea immaginaria. Un occhio meno attento si accontenterà di guardarlo e basta, senza troppi sogni e fronzoli. Il primo probabilmente salperà il prima possibile alla ricerca del mondo. Il secondo rimarrà lì, sull’uscio di quella linea, felice nella sua quotidianità. Nostro padre apparteneva ad entrambe le categorie: innamorato dell’orizzonte sognava sempre di oltrepassarlo ma allo stesso tempo aveva il freno a mano tirato. Nonostante la paura di volare lo costringesse il più delle volte a
rimanere con i piedi piantati a terra, ha visitato luoghi ormai inaccessibili a chiunque. Ha
intessuto conversazioni con filosofi antichi, da Talete ad Aristotele, passando per Pitagora,
Democrito, Eraclito e il suo migliore amico, Socrate. Ha vissuto il medioevo e ha guardato il
cielo stellato insieme a Kant. Insomma, ha vissuto esperienze fantastiche e come la più
ingegnosa delle macchine del tempo, usava la scrittura per ritornare alla realtà e trasformava
quanto imparato dai suoi amici in spunti di attualità. Oggi più che mai, ci piacerebbe tanto
conversare con te, papà, su tutto quello che sta accadendo nel mondo. Quante pagine avresti
scritto, e quanti spunti di riflessione ci avresti dato. Un anno fa a Procida pioveva. Ce lo
ricordiamo perché i tuoi libri non arrivavano anche per colpa del mal tempo. L’intento era
quello di riuscire a farti avere tra le mani il frutto del tuo lavoro: “Pensieri itineranti. Filosofia
dentro l’orizzonte procidano e oltre” (Edizione Fioranna). Anni e anni di raccolte di appunti,
scritti rigorosamente a penna e ripassati al pc da chi riusciva. In questo, tuo nipote Francesco
è sempre stato in prima linea. E oggi 3 novembre, eccoci qui, un anno dopo. A casa la tua
assenza si riempie della tua essenza. La cucina, con le pentole con cui cucinavi la tua mitica
pasta e ceci, “azzeccosa azzecosa” come piaceva a noi. Il soggiorno, con le mensole piene di
libri che prima andavano e venivano da uno scaffale all’altro nei tuoi momenti di studio e
preparazione alla stesura di un articolo. Sono ancora lì nello stesso ordine in cui li avevi
lasciati: “La rivoluzione della speranza” di Fromm, le favole di Fedro, la vita di Kant, “il mostro”
di Renzi. Il tavolino vicino al divano è ancora pieno dei tuoi fogli sparsi, dove scrivevi alla
Joyce. La tua calligrafia è sempre stata molto elegante anche se un po’ criptica. Quello che
però ci piace di più dei tuoi scritti, che ogni tanto continuiamo a leggere proprio dai fogli
sparsi, sono i segni di penna che cancellano le frasi. Quando ne troviamo uno siamo
contente, perché d’improvviso tutto inizia a muoversi e ad andare indietro nel tempo,
esattamente al momento in cui stavi pensando cosa scrivere, lo hai scritto e poi ti sei reso
conto che non ti piaceva. E in questo ricordo dinamico ti sentiamo vivo, eterno, reale. Il bagno
conserva gelosamente i tuoi profumi, dopobarba e rasoi, a ricordarci che nonostante adesso
la casa sia popolata solo da donne, l’uomo di casa è ancora con noi. Si papà, questa casa
pullula ancora di te e dei tuoi appunti sui libri. E allora mentre li rileggiamo, leggiamo ancora
un po’ anche te e ci ritroviamo a rileggere con più attenzione dove vediamo delle
sottolineature. Tipo: “Sperare significa essere pronti in ogni momento a ciò che ancora non è
nato e anche a non disperarsi se nulla nasce durante la nostra vita. Non vi è senso alcuno
nello sperare in ciò che già esiste o in ciò che non può svilupparsi. Coloro che hanno poca
speranza scelgono gli agi o la violenza; coloro che sperano ardentemente vedono e amano
ogni segno di una nuova vita e sono pronti in ogni momento ad aiutare la nascita di ciò che è
pronto a venire al mondo” (La rivoluzione della speranza, Erich Fromm). Se l’hai sottolineato,
vuol dire che è importante. E quindi oggi vogliamo dirti grazie, per l’eredità d’animo che ci hai
lasciato, sperando che riuscirai a leggere il giornale. Ci sembrava lo strumento perfetto per
poterti ricordare. E non preoccuparti, questa vita un po’ eraclitea sta continuando, in attesa
del sole e della pioggia. E toccherà vivere belle e brutte giornate. Arriverà la luce. Arriverà
l’amore, ma soprattutto arriverà il tempo della rinascita e delle nuove scoperte. Arriverà l’isola,
terra promessa in mezzo al mare. Arriveranno nuove feste, che porteranno gioia e serenità. E
arriverà il maestrale a rinfrescare i caldi pomeriggi d’estate. Arriveranno anche grazie a te,
papà, che ci hai insegnato a guardare sempre al di là della linea dell’orizzonte.
Miriam, Iris e Jessica

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