A poche settimane dai due abbattimenti che tanto clamore hanno generato tra i cittadini di Procida altrettanti si sono consumati proprio in questi giorni ma, a differenza dei primi, nel silenzio e nell’indifferenza generale. Forse perché a crollare questa volta non sono state abitazioni bensì due splendidi e maestosi pioppi, colpevoli probabilmente solo di trovarsi nel posto sbagliato, o semplicemente perché in un mondo sempre più invaso ed assoggettato dalla presunzione e prepotenza dell’essere umano sembra esserci sempre meno spazio per tutte le altre forme di vita con lo stesso diritto di esistere ed avere il proprio spazio vitale. Ma i due secolari alberi, impietosamente ridotti a legna da ardere e bruciare via nello spazio di un tè o un caffè, rappresentano solo le ultime vittime di uno sterminio lento ma costante che sta privando la nostra isola, così come tutto il Pianeta, del suo polmone verde, tanto necessario alla vita di tutti i suoi esseri. E per cosa? Per fare spazio a colate di cemento che rendono sempre più buio e triste il nostro piccolo e grande mondo? Come dice un vecchio saggio indiano solo quando l’ultimo albero sarà abbattuto e l’ultimo corso d’acqua inquinato ci renderemo conto di quanto siano inutili tutti i nostri beni accumulati. Ma intanto come farò a giustificarlo a quel bambino che fin da quando ha mosso i suoi primi passi li ha visti segnare la strada in cui è nato e cresciuto?
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