Il clima appesantito di troppo sapere lascia presagire il fraintendimento per una certa voluta confusione organizzata, come se insomma lo status quo di disorientamento fosse stato messo lì – apposta – a tacere per non sottacersi fino a smentirsi di dominio di troppe coscienze. Cosi deresponsabilizzatosi sui c.d. grandi temi, il dibattito politico è come si sentisse naturalmente legittimato a degradare su “esili riformette”, della serie per quel che passa il convento; di talché quell’elevatissimo dibattito di un tempo che svariava di splendida erudizione da sinistra a destra , fra gli onorevoli e grandi statisti Berlinguer ed Almirante passando per Aldo Moro, sembra sempre più una chimera, dissolta dal senso di un futuro sempre più macabro di crescita e sviluppo di ermeneutica statuale, per tante troppe interpretazioni di forme di stato e di forme di governo lasciate a se stanti come in balia di tutto e tutti, persino delle rondini in cieli sempre più offuscati sicchè mancanti di polis micaelica, oppure per dirla con consono senso del relativismo pirandelliano del “ cosi è se vi pare “, ovvero come se l’estremizzazione concettuale fosse la regola e l’ordinario l’eccezione. Si accrescono dunque la sfiducia e la rassegnazione come ad essere concesso a tutti il potere senza freni, come ad essere insomma cani sciolti di un mosaico da “tosacane“(e con tutto il rispetto per costoro) privilegiato dei tempi, esseri prescelti per ciò che è delirio intellettuale, deriva populistica del saper dover essere cittadino modello, ovvero senza essere educato ai dettami della democrazia e del potere – appunto – acquisito ed ancor di più consolidato democraticamente e quindi meritatamente acquisito e consolidato giacchè demandato a soggetti capaci, preparati ed acculturati per essere in grado di gestirlo in modo consono, come dell’esempio di Gramsci giusto per sintetizzare. Di talchè, la formazione, la educazione e persino la elaborazione di ciò che non può che essere preparazione del cittadino al concetto di statuale, ovvero come ente politico e giuridico non può prescindere dalla preliminare conoscenza, da una informazione radicale e basilare di tali concetti come per l’esempio della legge elettorale, Pertanto sistemi elettorali maggioritari e proporzionali, misti in elaborazioni commiste, sembrano susseguirsi come di un “bombardamento“ confuso, asistematico e disorganico, avulso ed antitetico invece a ciò che ne è corretta conoscenza che non può prescindere a sua volta dalla volontà chiara di trasmettere cotanta conoscenza: sembra insomma di assistere ad un modello comunicativo fondato sul relativismo pirandelliano del “ cosi è se vi pare “ quantunque i concetti praticizzati sarebbero ben visibili a tutti dando vita finalmente alle c.d. grandi riforme e quindi in primis, con una legge elettorale che assicuri stabilità governativa e rappresentatività democratica al contempo. Pertanto che non ci sia volontà in tal senso, solo un forte richiamo al senso di responsabilità delle forze politiche e connessa assunzione di essa, può scardinare, introducendosi alla “polis micaelica“ per scacciare convenienze antidemocratiche e di opportunismi vari da status quo – presunto – insuperabile; in sintesi mettere insomma da parte personalismi ed egoismi individualistici equivale a prevenire dittature in un assunto tanto ampio da essere assimilabile al sempre attuale pensiero platonico (trasfuso nel capitolo VIII delLA REPUBBLICA), ovvero che la democrazia e l’oligarchia sono le due cause da cui nascono le dittature, ovvero da un uso distorto della libertà (con il quale – appunto – muore la democrazia), oppure da un governo di pochi di fatto sussistente per le condizioni da terreno fertile venutesi a creare per la crescente sfiducia della gente (cfr., ad esempio, ultimo risultato elettorale dei cinque stelle e della lega, giusto per esemplificare), come a mettere in discussione persino la naturale struttura/destinazione unitaria socio-economica-politica del paese, come insomma a dover rottamare tutto. Uno stato effettivamente democratico, laico, equidistante che assicuri democrazia estesa paritariamente ad ogni livello fra stato-apparato e stato-comunità, dunque non dovrebbe avere nemmeno la pretesa di scomodare la triade hegeliana filosofia-religione-politica di destra e sinistra storica, eccetto che per il crisma di autenticità da organicità e sistematicità di tale quadro d’assieme per uno spirito d’assieme che, in quanto tale, si cementi alimentandosi degli stessi sviluppi statuali insiti in esso; il tutto anche perché appare comunque riduttivo assimilare tale assunto complessivo a conservatori oppure progressisti per giustificare un certo clima da commistione ed “ingerenze“ continue (senza più confini/distingui certi), ovvero fino a rischiare di minare in “limine litis“ lo stesso fondamentale profilo ideologico strictu sensu considerato, come insomma ad essere perenne introduzione a scontri e litigi fra le forze politiche (non solo diverse ma anche intestine, a “corrente alternata “ prima eventualmente di trasformarsi in altre diverse realtà- strutture/movimenti politici) anziché confronto nella dialettica democratica. Volute inconsapevolezze quindi sembrano soggiogare per soggiogarsi di artate contraddizioni fino al paradosso di “organizzare“ confusioni e disorientamento, in fondo alla fine tutto – o quasi – tutto torna per tornaconti parziali e riduttivi rispetto invece alla interezza naturalmente insita nella democraticità estesa a tutti i livelli di naturale appartenenza giuridica e politica, con in primis la rappresentatività del popolo, della sua sovranità esercitata – appunto – con i propri rappresentanti eletti. Più in concreto, ad esempio, (e senza avere la pretesa di possedere la bacchetta magica), un sistema elettorale proporzionale con alta soglia di sbarramento, a doppio turno e con premio di maggioranza, può ben legittimamente ritenersi adeguato ai tempi, ovvero potere tranquillamente “gareggiare“ con il millennium sostanziale di questa ormai annosa, continua – quasi – ossessa, esasperata corsa ad elaborare un sistema elettorale consono nel senso complessivamente suesposto; quindi questo “millennium” è tale per “legittimare “persino sapientoni del sapere giuridico e politico, è come insomma il clima, l’aria che si respira dettasse la singolare – costitutiva e legittimante – regola di NON SO DI SAPERE, come a trincerarsi, fino a ingenerare il sospetto di “marciarci “ su recondite inconsapevolezze, su scogli troppo duri da superare, sulla estrema difficoltà – per non dire – impossibilità di cambiamenti positivi, anzitutto in termini di chiarezza democratica, di certezza del diritto pubblico, secondo il criterio da meritocrazia democratica: sembra insomma il paradosso di una artata interversione dell’assunto socratico del “so di non sapere“, ovvero come a mettere le mani avanti per non smentirsi di altre inevitabili pessimistiche prospettive, cosicchè chi riesce a governare – seppure per poco – viene a trovarsi in una botte non solo di ferro ma addirittura d’acciaio, inattaccabile sempre e comunque, “tanto è impossibile“ sfuggire a questo status quo, a questi tempi troppo duri per essere veri; l’eredità è troppo pesante, ancora sembra dire NON SO DI SAPERE. L’arcano senso di una volontà mancante o comunque incapiente ed insufficiente ad esprimersi di riforma, non può dunque essere di continuo ostacolo all’avveramento della interdipendenza fra atto presupponente (maturità e connesso senso di responsabilità) per dar vita all’atto presupposto che non può che essere stabilità governativa per le buone sorti del paese, imperniata sul criterio e principio direttivo insiti in ciò che è l’essenza della democrazia.

socrate
Dopo
aver cercato di leggere questo prolisso scritto, penso che Porfirio dovesse cambiare il titolo da : “Io SO di non sapere ” socratico
a “Non sapere nemmeno di sapere qualcosa” …… ” a differenza del detto socratico….