di Michele Romano
La crisi economica che sta martoriando, in modo particolare, la società europea e gran parte del mondo occidentale, come contrappasso, dovrebbe produrre una grande risposta collettiva. Ma, basta entrare nel vivere quotidiano del nostro piccolo territorio procidano per comprendere che non siamo pronti perché ci riscopriamo del tutto sfibrati nei valori, negli orientamenti ideali, nelle coesioni sociali. Ciò com’è potuto accadere? Quale elemento pernicioso ha causato tale sfinimento?
Ebbene, scandagliando dentro se stessi, si può riuscire a prendere coscienza che la dimensione che sta emergendo è quella del narcisismo inteso, non soltanto, come espressione individuale, ma dentro l’insieme di noi che è la società, scivolando così dalla sfera psicologica a quella sociale. Come conseguenza di ciò siamo entrati sempre di più nel labirinto dell’autoreferenzialità, intristiti in un orizzonte temporale chiuso, incapaci di costruire fondate ed autentiche relazioni, inadeguati oramai a pensare e agire in una sfera progettuale. In altri termini l’unico e esclusivo sogno è raffigurato dalla nostra sembianza. Tale considerazione ha creato un mondo senza relazioni, a sé stante, oramai incapace di confrontarsi con la realtà, scoprendo l’elemento doloroso della nostra non aspettativa, dovuta alla scarsa fiducia nelle proprie capacità di rapportarsi in modo costruttivo davanti agli eventi che ci circondano. La percezione di ciò si avverte entrando nei meandri della società procidana dove si nota un clima implosivo, cupo, lugubre fatto di furberie, di piagnistei, di sordità sfocianti al limite della meschinità e prevaricazione.
In tal senso emblematico è ciò che accade nel pianeta della “scuola” dove, ogni anno, all’apertura delle attività, si assiste allo scempio delle nomine degli insegnanti, soprattutto nella “scuola primaria”, seguendo criteri profondamente irregolari ed ingiusti, calpestando diritti e requisiti, professionalità e profili meritocratici tanto da porre questa fondamentale “Agenzia Educativa” sempre più ai margini della programmazione formativa e della crescita. Per non parlare, poi, del muro di gomma del ceto dirigente, in tutti gli ambiti della collettività insulare, che si annichilisce sempre di più tutta chiusa in un perenne hic et nunc (qui e subito) smarrendo del tutto la pregnanza della realtà che ci circonda.
Purtroppo, devo constatare, con amarezza, che tanti giovani, a Procida, stanno cadendo in questa trappola narcisistica con conseguenze estremamente negative che già si intravedono e che avrò modo di approfondire in altre occasioni.
Pertanto, in questo stato di emergenza in cui ci troviamo, bisogna, per riprendere un nuovo cammino che dia un senso e un significato progettuale alla comunità, trovare il coraggio di sconfiggere il narcisismo.
*Piu’ che di narcisimo io parlerei di mancanza di stimoli. In un contesto autoreferenziante e dove fin’ora i bisogni primari erano soddisfatti, non si avverte il bisogno di confrontarsi con persone e realta’ diverse. Il risultato e’ un contesto bloccato in cui l’energia accumulata non riesce ad essere canalizzata in qualcosa di utile e produttivo e che con il tempo perde di slancio e finisce per aggrovigliarsi su se stesso. Cosa fare ? Probabilmente ricominciare a confrontarsi e aprirsi al mondo esterno che oggi con il web e’ ampio e raggiungibile ma allo stesso tempo non perdere di vista il vicino di casa, il compagno di scuola, l’amico dei giochi, perche’ in tempi difficili come questi solo lo stare insieme ci puo’ permettere di stare meglio.