di Maria Fortuna Incostante
Il PD di Napoli ha vissuto e continua a vivere momenti di grandissima difficoltà, le ipotizzate infiltrazioni criminali nel voto delle primarie gettano ulteriore discredito sul partito ed è forte il rischio di rallentare quel lento processo di ricostruzione che, grazie al lavoro del commissario e non solo, era stato avviato.
Al di là delle responsabilità giudiziarie, tutte da accertare, questi fatti pongono degli interrogativi politici seri a cui occorre rispondere con profondità di analisi evitando che si sviluppi quel chiacchericcio generico e ipocritica, al quale spesso ci siamo abituati fino a giungere alla riproposizione di schemi arcaici delle vecchie lotte interne tra gruppi dirigenti napoletani che appartengono al pci pds ds e che sono stati trasfusi purtroppo nel PD, oppure a triti schemi correntizi di matrice democristiana.
Le vere questioni Politiche che si pongono stanno nelle risposte che dobbiamo attrezzare ad alcune domande di fondo da troppo tempo eluse.
Come si costruisce il consenso in interi territori di Napoli e provincia e del mezzogiorno a fronte di una società fragile e permeabile che chiede alla politica ogni forma di mediazione e di intermediazione (anche quelle più improprie e, a volte, illegali?
Come si mette al riparo la gestione del potere nell’ esercizio delle pubbliche funzioni da clientelismo, affarismo e corruzione?
Come si evita il fatto che la costruzione di una rete di consensi si possa trasformare in un sistema di potere da cui non ci si può sottrarre, pena la perdita di peso e la scomparsa dalla politica e dalla rappresentanza.
Come il partito riesce ad essere un’organizzazione capace di ridare senso a comportamenti, azioni competenze, lavoro e protagonismo alle persone guardando lontano e non a gruppi di interessi che si misurano in modo scadente non sulle scelte politiche ma su spazi di potere da consumare? Come si evita la solitudine di iscritti e militanti costretti a intrupparsi non sempre su coordinate politiche ma spesso dentro gruppi di estrazione personalistica votati ad una necessaria impotenza o ad un inevitabile l’opportunismo mentre tali pratiche depauperano qualsiasi attrattiva e interesse per chi viene dal di fuori?
Come si selezionano e si promuovono le responsabilità e le posizioni di direzione, in base a quali parametri di competenza, valore politico capacità produttiva o rappresentanza in coerenza con i valori politici e con le scelte programmatiche del partito.
Queste domande e la ricerca di adeguate risposte e di conseguenti scelte politiche debbono far parte di un dibattito a cui il PD non può più sottrarsi. Una discussione che urge aprire a tutti i livelli.
La rigenerazione del PD non si fa senza il PD, a meno che qualcuno non pensi che questo partito napoletano sia come Cartagine per i romani su cui spargere il sale; se così fosse sarebbe più opportuno esplicitarlo, personalmente non lo credo. Se è vero che esistono numerose energie a cui attingere e si determina una volontà comune di discussione profonda per fare un passo avanti, allora occorre evitare e contrastare generiche invocazioni di discontinuità (per che fare?), a volte sterili affermazioni tendenti a sottrarsi dal peso di responsabilità condivise non consentendo di selezionare le questioni sulle quali si deve realmente intervenire ora e subito e gli errori da non ripetere mai più. C’è così il rischio di far credere che le responsabilità politiche siano solo e soltanto da una parte e che “eliminando” la parte responsabile tutto si sani. Paradossalmente e a parti invertite forse, così dovette apparire la questione allo stesso Bassolino quando fu chiamato a commissario della federazione di Napoli a ridosso delle vicende tra il 92 e il 93 e chi sa se anche li non vi sia stata una mancata analisi dei fatti politici e solo una mera emarginazione di una parte del partito. Un tragico errore? Ma la storia non si fa con i se e io ritengo che il peso della responsabilità politica di questi ultimi anni cada prevalentemente, come è logico che sia, su chi ha rappresentato, e ha voluto rappresentare, in modo indiscusso la figura di leader del PD a Napoli e in Campania raggiungendo obiettivi positivi e traguardi eccezionali ma anche commettendo gravi errori politici ed amministrativi. Tutto ciò va detto e analizzato per lasciarlo alle nostre spalle riconoscendo gli errori compiuti.
Noi dobbiamo ripartire, guardare avanti con umiltà lavoro e pazienza per ricostruire un rapporto di nuova fiducia con i cittadini. Una discussione deve essere aperta, che possa appassionare militanti, iscritti e elettori, capace, se vuole essere produttiva politicamente, di svolgersi in modo ampio, partecipato. Una discussione che non può esaurirsi sui giornali e tra i pochi addetti privando molti, tanti, di poter dire la loro. Oggi, nella situazione data, far permanere il PD in questo stato di assenza di regolare vita democratica non è più possibile, pena davvero la sua scomparsa a Napoli.
Si avvii, dunque, una seria e rigorosa analisi degli errori commessi nella politica e nel rapporto tra politica e gestione amministrativa, si rimetta in moto un circuito virtuoso, di discussione valutazione e individuazione di una linea politica che non faccia più commettere gli errori del passato e si renda chiaro tale dibattito nei confronti degli elettori, che pur ci sono!
Si ricostruisca un rapporto sui territori e con tanti pezzi della società a partire da un coinvolgimento autentico di persone e competenze, e non con il mito di una società civile “panacea taumaturgica” della politica. È necessario, in un percorso guidato con autorevolezza rigore, azzerare il tesseramento e ricostruire le adesioni (magari attraverso procedure con particolari garanzie) e avviarsi ad un congresso straordinario seguito con impegno dal PD nazionale. Solo così si potrà ripartire per ridare voce e protagonismo politico ai tanti soggetti della nostra realtà, fortunatamente ancora vitale e ricca di energie sane; solo cosi si rimette in piedi una iniziativa non autoreferenziale. Un’iniziativa costruita con la fatica del lavoro quotidiano e di lunga lena.
A questo proposito spero che le parole del vicesegretario Letta apparse su i giornali di oggi: “a Napoli un partito da resettare”, siano state enfatizzate dallo stile giornalistico. In caso contrario, ancor più a seguito di ipotesi di infiltrazione camorristica nel voto delle primarie, le ritengo un errore politico grave. Considerare tutto il PD di Napoli come materiale da resettare senza un impegno a distinguere tra chi ha lottato con nettezza e coerenza metodi clientelari e sistemi equivoci di rappresentanza è offensivo per tantissimi militanti ed esponenti a tutti i livelli e inefficace rispetto alle questioni che si pongono. Si abbia la responsabilità e il coraggio di distinguere, si osservino le storie e si valutino i curriculum le capacità, le coerenze, la credibilità e il rigore che tanti dirigenti e militanti hanno dimostrato e dimostrano ancora. Non occorrono processi sommari, da un gruppo dirigente si pretendono giudizi e corrispondenti assunzioni di responsabilità, occorre scegliere per indicare una strada e delineare un obiettivo, altro che “resettare”.
I giovani e le donne sono le vere nostre opportunità per crescere e rafforzarci; anche in questo caso occorre evitare che vi siano interpretazioni salvifiche, occorrono rigore e coerenza, ci si misuri su questioni di grande responsabilità. Non si tratta di un “concorso per voci nuove” e tantomeno di far prevalere anche tra i giovani vecchie logiche o peggio forme deteriori di padrinaggio politico facendo degli stessi giovani dei cloni di quelli del passato, rendendoli incapaci di una loro autonomia di pensiero e di azione. Si tratta come in parte era già avvenuto, di affidare responsabilità a una generazione politica che deve ulteriormente rafforzarsi, acquisire autorevolezza con il lavoro sul campo, assumersi responsabilità.
Poiché la democrazia non si esporta, essa deve essere rimessa nelle mani del PD napoletano, ma grande è la responsabilità di chi dirige, facilita e organizza un percorso. Credo che attraverso un grande sforzo di tutti, a partire dal buon lavoro che ha avviato Andrea Orlando a Napoli e con un contributo positivo di tutto il gruppo dirigente nazionale, possiamo farcela a rimettere in piedi il PD. Ci sono abbastanza risorse umane e notevoli competenze in parte di dirigenti iscritti, elettori e simpatizzanti per rimettere in moto questo partito, profondamente rinnovato nella politica e nel modo di funzionare affinché davvero si apra una nuova stagione nel segno dell’ innovazione politica reale e non formale, diffidando di innovatori o innovazioni retoriche prive di progetto, che di tanto in tanto si propongono, senza qualità senza sostanza e soprattutto senza coerenze.
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