Procida. “LIEVITO VECCHIO E PASTA NUOVA”. Lettera a chi non ha il coraggio di cambiare

In questo momento di forte crisi della politica procidana, ci giunge forte la voce dei cittadini di Procida. Accogliamo questa lettera inviataci dalla signora Lina Scotto. “In questo tempo di Pasqua, voglio fare un augurio un pò particolare, fatto tanti anni fa da un  vescovo di frontiera – Tonino Bello – alla società tutta, inclusa la classe politica, lenta e poco lungimirante.

Potrebbe essere di stimolo per continuare la discussione e per aiutare tutti a comprendere che se non ci si mette ognuno nella condizione di fare un passettino indietro, accogliere quanti della società civile procidana sono animati da forti ideali e desiderano impegnarsi con forza, per determinare un cambiamento di rotta, discutere insieme seriamente su quello che s’intende fare per l’imminente futuro della nostra isola, non si va da nessuna parte.

Anch’io Lina desidero solo lavorare bene,  anche insieme a questi amministratori,  secondo molti “obsoleti”.  Ai cittadini come me e ne sono tanti,  stanno  a cuore i fatti, le logiche nuove, la dignità del territorio e della sua gente. Se continuiamo a fare le diatribe e le guerre di classe, credendosi ognuno superiore, in capacità ed onestà , ripeto, continueremo a non andare da nessuna parte….e allora andiamo pure allo sfascio,  è quello che meritiamo.

Lina

“LIEVITO VECCHIO E PASTA NUOVA”

Lettera a chi non ha il coraggio di cambiare. Un simbolo per dire vita nuova.

Qualche volta le parole difficili, invece che complicare le cose, aiutano a capirle. Se non altro, perché incuriosiscono.La parola azzimi è una di quelle.Ricordo che, per le sue allusioni a misteriose usanze da beduini, provavo sempre fastidio ogni volta che, durante la messa di Pasqua, ricorreva quell’oscuro invito di san Paolo a celebrare la festa « con azzimi di sincerità e di verità » (1 Cor 5,7?8). Ma che cosa sono questi azzimi? Finché un giorno mi son deciso ad approfondire la cosa, e la scoperta dei significati nascosti sotto quel termine mi ha così arricchito, che oggi la faccenda degli azzimi costituisce il pezzo forte delle mie omelie di Pasqua.Dunque, dovete sapete che, quando arrivava la primavera e, con la raccolta dell’orzo nuovo cominciava il nuovo anno agricolo, gli Ebrei nomadi, per arcaiche consuetudini, eliminavano il vecchio lievito conservato nella madia. Anzi, proprio per il bisogno di inaugurare un nuovo ciclo vitale, distruggevano ogni antico fermento che si trovasse nelle case. Sicché per una settimana mangiavano pane azzimo senza lievito, appunto. Una specie di simbolismo per dire anno nuo­vo vita nuova. Una gran voglia di ricominciare tutto da capo, senza tener conto del passato. Una smania collettiva di rigenerarsi radicalmente. Un traboccamento di entusiasmi vergini che eliminasse tutte le croste della decrepitezza antica. Una decisione forte di romperla con le vecchie storie di ambiguità e di dolore.Poi per gli Ebrei è venuto il momento dell’esodo dall’Egitto. Accadde in una notte di primavera, proprio nel periodo in cui si mangiavano gli azzimi, e la faccenda del pane senza lievito si è caricata di un altro significato: pane senza lievito perché, per il precipitare degli avvenimenti, nella notte della liberazione non si è avuto il tempo di far fermentare la pasta. Gli azzimi, quindi, sono i pani non lievitati che, nel richiamo di san Paolo, vogliono indicare due cose: la novità di vita e la rapidità con cui vanno prese certe decisioni.

Specialisti della perplessità, professionisti dello status quo

Chi sono allora gli interlocutori di questo mio messaggio pasquale. Per un verso, tutti coloro che non hanno il coraggio di cambiare. Che non sanno staccarsi dal modulo. I prigionieri dello schema. I nostalgici del passato. I cultori della ripetizione. I refrattari al fascino della novità. I professionisti dello status quo.Per un altro verso, coloro che sono lenti nelle scelte. Gli specialisti della perplessità. I contabili pedanti dei pro e dei contro.

I calcolatori guardinghi fino allo spasimo prima di muoversi. Gli irresoluti fino alla paranoia prima di prendere una decisione. Gli ossessionati dal dubbio, perennemente incerti se mettersi in cammino. Ce l’ho con te, Chiesa che ho l’onore di servire, ma che fai tanta fatica a consegnarti al vento dello Spirito, e talvolta dai l’impressione di non esserti dei tutto liberata dalla cautela di ricorrere ai fermenti mondani del potere e della gloria.

Di prudenze notarili si può morire

Ce l’ho con voi, uomini della politica, che, a dispetto delle vostre declamazioni di principi, vi tramandate moduli ar­caici di gestione, al punto che non sapete rinnovare neppure una lista di nomi. Non saranno né le riforme istituzionali ` né la metamorfosi degli stemmi di partito a garantire quelle svolte di cui parlate da secoli: finché introdurrete nelle vo­stre panificazioni tanto lievito antico, avremo tutto il diritto dì dubitare della vostra sincerità di rinnovamento. Ce l’ho con voi, uomini della cultura, che intuite il  precipitare delle cose, ma siete lenti. Avete coscienza che stiamo vivendo la notte di un grande passaggio, ma vi attardate a lasciar fermentare la pasta nella madia. Percepite il passag­gio dell’angelo sterminatore, ma ve la prendete con calma, Distinguete meglio degli altri il clamore degli oppressi, ma ne rallentate l’avventura di liberazione. E invece che accelerare l’esodo verso la terra promessa con accenti profetici, ne frenate la corsa con le vostre  prudenze notarili. E ce l’ho anche con me che non mi son liberato dei vecchio lievito di lamentarmi perfino nel giorno di Pasqua. Sia pure in extremis, però, voglio recuperare tutta la speranza che irrompe da quella «creazione nuova» che è Gesù, e dirvi con gioia: coraggio, non temete? Non c’è scetticismo che possa attenuare l’esplosione dell’ annuncio pasquale: « le cose vecchie sono passate. Ecco ne sono nate di nuove». Cambiare è possibile. Per tutti!                                                

Don Tonino Bello vescovo  

15 aprile 1990

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